Il Parkinson, come ben sappiamo, è una malattia neurodegenerativa cronica e progressiva che va a colpire l’equilibrio e il controllo dei movimenti.

I tremori, la rigidità, la perdita della memoria e l’evidente lentezza sono causati dalla morte progressiva dei neuroni che producono dopamina, un neurotrasmettitore fondamentale nella regolazione dei movimenti.

Sappiamo tante cose sulla malattia del Parkinson ma, purtroppo, ancora non è noto il motivo per cui i neuroni vadano incontro alla morte e, soprattutto, come fare per arrestare la progressione di questa patologia. Ed è proprio in questo ambito che la ricerca sembra non fermarsi: lo studio sugli effetti dell’exenatide va proprio in questa direzione.

La ricerca condotta a Londra ha coinvolto in totale 62 pazienti affetti da Parkinson, con un età compresa tra i 25 e i 75 anni, divisi successivamente in modo random in due sottogruppi. In parallelo, un gruppo di pazienti ha ricevuto una dose di 2 mg di exenatide per iniezione sottocutanea. All’altro, invece, è stato somministrato del placebo. Lo studio è stato condotto in “doppio cieco”: nessuno, né pazienti né medici, era al corrente di chi stava assumendo cosa, per evitare qualsiasi tipo di condizionamento.

Ed ecco la sorpresa. Chi aveva ricevuto il farmaco si è mostrato stabile durante tutto il periodo del trattamento. L’altro gruppo, no. Ma non solo! I ricercatori sono rimasti particolarmente stupiti da un’altra evidenza: nelle 12 settimane successive allo stop i pazienti trattati con exenatide stava molto meglio di quelli inseriti nel “gruppo placebo”.

Che dire? Uno tra i responsabili del progetto, Tom Foltynie, ha espresso un notevole entusiasmo sui canali della Bbc. “C’è la speranza che l’exenatide agisca sui meccanismi alla base di questa malattia, non solo mascherandone i sintomi più evidenti” – continua – “Dobbiamo però essere molto cauti, in quanto i risultati devono ancora essere confermati”.

Source: pazienti.it