Un grosso passo in avanti per quelle malattie che richiedono la stimolazione neurale, come il Parkinson, potrebbe essere stato compiuto grazie ad una ricerca italiana: in un articolo pubblicato su ACS Nano è stato descritto il meccanismo per eseguirla “wireless”, in maniera non invasiva (senza elettrodi connessi con il paziente) ed eliminando il rischio di tossicità e di allergie, grazie all’utilizzo di biomateriali.

Questo risultato è frutto della ricerca condotta da un team internazionale, con il coordinamento e con l’apporto fondamentale di un gruppo di giovanissimi scienziati italiani del Centro di Micro-BioRobotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) con sede a Pontedera (Pisa) e dell’Istituto di BioRobotica del Sant’Anna di Pisa.

“I nostri risultati pongono le basi per un nuovo approccio di stimolazione cellulare, che definiamo ‘wireless’ perché privo di elettrodi e di connessioni elettriche, minimamente invasivo e ‘biocompatibile’, grazie all’assenza di tossicità del titanato di bario ed alla totale sicurezza della stimolazione ultrasonica, peraltro già assai diffusa nella pratica medica”, spiega Attilio Marino, dottorando in BioRobotica del Sant’Anna. “I neuroni vengono così attivati “a distanza”, come se fossero guidati da un telecomando”.

Attilio Marino (sin.) e Gianni Ciofani, i due scienziati italiani che hanno contribuito a sviluppare la stimolazione neurale “wireless
Attilio Marino (sin.) e Gianni Ciofani, i due scienziati italiani che hanno contribuito a sviluppare la stimolazione neurale “wireless” Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa

Svolta in collaborazione con il laboratorio “Wabios”, sede distaccata a Singapore della Waseda University di Tokyo, la ricerca punta alla stimolazione “wireless” di cellule neuronali, ottenuta grazie all’impiego di nanoparticelle piezoelettriche, ossia nanomateriali “smart”, in grado di convertire energia meccanica in energia elettrica. In particolare, spiegano i ricercatori, le cellule neuronali sono state coltivate in presenza di nanoparticelle di titanato di bario e quindi stimolate con ultrasuoni. La deformazione meccanica impartita alle nanoparticelle dalle onde pressorie ha come conseguenza la generazione di un potenziale elettrico, in grado di eccitare le cellule nervose e, quindi, di eseguire una stimolazione neurale.

“Le implicazioni di questa scoperta sono molteplici e aprono prospettive interessanti che spaziano dalla neuroprostetica alla medicina rigenerativa”, spiega Gianni Ciofani, team leader del Centro di Micro-BioRobotica dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) a Pontedera. “Una possibile implicazione riguarda il trattamento di patologie in cui è necessaria una stimolazione neurale, come il Parkinson. Altre applicazioni potenziali sono la rigenerazione del nervo periferico e la stimolazione sensoriale, ad esempio la stimolazione del nervo acustico nel caso di alcune tipologie di sordità. La tecnica, tuttavia, non è ristretta al sistema nervoso ma, in potenza, è sfruttabile anche per stimolare altri tessuti biologici eccitabili come il tessuto cardiaco”.