La terapia del gene Ifnβ è in grado di impedire gli effetti della malattia e della morte neuronale in un modello sperimentale di Parkinson

E’ un gene ‘ecologico’: permette ai neuroni di riciclare le proteine spazzatura. Senza la sua preziosa attività, i rifiuti si accumulano portando alla morte delle cellule nervose. Secondo un team di ricercatori dell’università di Copenhagen in Danimarca, dietro il Parkinson non ereditario possono nascondersi proprio dei cambiamenti funzionali nel gene immunoregolatore interferone beta (Ifnβ). Tanto che gli scienziati, in uno studio pubblicato su ‘Cell’ e condotto sui topi, hanno dimostrato che la terapia del gene Ifnβ è in grado di impedire gli effetti della malattia e della morte neuronale in un modello sperimentale di Parkinson.

Il cervello umano, spiegano gli esperti, è costituito da circa 100 miliardi di neuroni che coordinano le attività in tutte le parti del corpo. Il gruppo guidato da Shohreh Issazadeh-Navikas, del Biotech Research and Innovation Centre dell’ateneo danese, ha scoperto le capacità da ‘netturbino’ che caratterizzano il gene interferone beta, il cui ruolo appare vitale nel mantenere i neuroni sani, spiega il primo autore dello studio Patrick Ejlerskov, proprio perché garantisce la corretta attività di riciclo delle proteine di scarto che invece, in sua assenza, si ‘ammucchiano’ in strutture chiamate corpi di Lewy, associate alla malattia.

Il team ha osservato che i topi senza interferone beta sviluppano corpi di Lewy in aree del cervello che controllano il movimento e il ripristino della memoria, e di conseguenza presentano sintomi clinici simili a quelli dei pazienti con Parkinson e demenza con corpi di Lewy. Lo studio, sottolineano gli scienziati, offre uno dei primi modelli per il cosiddetto Parkinson non familiare e apre la strada a nuove possibilità terapeutiche. Per una malattia con la quale convivono all’incirca da 7 a 10 milioni di persone nel mondo, secondo le stime. Issazadeh-Navikas spiega che questo è uno dei primi geni che si ritiene causi la patologia non ereditaria e le sue caratteristiche cliniche ed è indipendente dalla mutazione genetica nota per le forme familiari di Parkinson.

“Introducendo la terapia genica” che utilizza il gene dell’interferone beta, “potremmo prevenire la morte neuronale e lo sviluppo della malattia. La nostra speranza è che questa nuova conoscenza consenta lo sviluppo di un trattamento più efficace per il Parkinson”. Il passo successivo del team sarà migliorare la comprensione dei meccanismi molecolari attraverso cui il gene ‘netturbino’ protegge i neuroni.