Parkinson, inizio di un viaggio colorato: il corto di una giovane bergamasca al Social Films Fest
Silvia Dusi, di Costa Volpino, ha girato un cortometraggio sul morbo di Parkinson dal titolo “Colour your Life”: l’opera con sé il messaggio di non arrendersi né nascondersi, ma continuare a lottare e vivere la propria vita.

Il Morbo di Parkinson è una malattia di cui si teme anche solo sentirne pronunciare il nome, date le sue capacità degenerative sull’equilibrio fisico e mentale di chi ne è colpito. Ma solo mettendosi in gioco, parlando delle difficoltà e delle vittorie di chi la vive sulla propria pelle, è possibile far uscire dall’oblio chi soffre di Parkinson perché, come ha dimostrato una ricerca dell’Istituto Eikon Strategic Consuling, una persona su quattro si vergogna della malattia e una su tre chiede supporto per conviverci senza farsi sopraffare.

Ha provato a parlarne, a modo suo, un modo molto comunicativo e positivo, Silvia Dusi, di Costa Volpino, già interprete volontaria presso l‘European Parkinson Therapy Center di Boario Terme, che, con l’aiuto del circolo Effetto Cinema: Laboratorio cinematografico indipendente di Costa Volpino, ha girato un cortometraggio su questo tema, dal titolo Colour your Life: l’opera, che porta con sè il messaggio di non arrendersi né nascondersi, ma continuare a lottare e vivere la propria vita nonostante la presenza del Parkinson, è candidata al Social Films Fest, manifestazione dedicata a film, corti e video a contenuto sociale che ha come obiettivo sensibilizzare milioni di utenti della rete verso quelle problematiche sociali che rappresentano il passo decisivo per la crescita pacifica e civile dell’umanità.
Silvia Dusi, laureata in Lingue moderne per la comunicazione e la cooperazione internazionale, ora si trova a Londra ed ha risposto alle nostre domande sulla sua esperienza da regista e su ciò che le ha lasciato la collaborazione con l’European Parkinson Therapy Center.

Come si è avvicinata all’European Parkinson Therapy Centre?
Ho saputo che erano alla ricerca di un volontario che desse una mano ad accogliere i nuovi ospiti del centro prima che cominciasse il loro percorso di terapia. Trattandosi di un centro internazionale, serviva qualcuno che sapesse l’inglese ed io, essendo ai tempi una studentessa (mi sono laureata in lingue lo scorso novembre all’Università di Bergamo) ho deciso di cogliere quest’opportunità poco lontano da casa perché da un lato non volevo perdere l’occasione di utilizzare le lingue straniere in situazioni vere, diverse dalle lezioni universitarie dove sai di avere comunque la possibilità di rivolgerti in italiano a compagni e professori; dall’altro, ero curiosa e desiderosa di saperne di più sul Parkinson, un morbo di cui oggi purtroppo si conosce ancora troppo poco.

Cosa l’ha colpita di più durante la sua esperienza?
L’energica atmosfera di positività che accompagnava tutte le attività del centro: io ero responsabile del servizio accoglienza, ma ho avuto occasione di assistere anche a sessioni di terapia fisica individuale, di consulenza psicologica, di supporto e consiglio su come affrontare il morbo di Parkinson e conviverci senza perdere le redini della propria vita. Tutte queste attività avevano di base lo stesso principio: il Parkinson non è la fine, ma può essere l’inizio di un nuovo viaggio.

Come è nata l’idea di realizzare un cortometraggio sul tema del morbo di Parkinson?
È nata grazie al circolo Effetto Cinema: laboratorio cinematografico indipendente di Costa Volpino di cui sono entrata a far parte l’anno scorso, essendo da sempre appassionata di recitazione, teatro e cinema. La mia idea originale era di provare la recitazione cinematografica, ma l’entusiasmo e la passione di questo gruppo, uniti al grande affiatamento e all’alto livello di competenza in materia di cinema, mi hanno convinta a provare a spostarmi dietro la macchina da presa per raccontare una mia storia: così ho scritto la sceneggiatura di “Colour your life” e presentato il progetto. Una volta appurato che la mia idea aveva entusiasmato anche loro, è cominciata la vera sfida perché come regista dovevo supervisionare ogni momento della realizzazione del cortometraggio: la ricerca di location e attori, il montaggio, la colonna sonora eccetera. Ho avuto però la fortuna di avere un ottimo supporto, prima di tutto da parte di Effetto Cinema, ma anche dai Down to Myself (compositori della colonna sonora originale) e dallo stesso Centro Parkinson.

Che messaggio vuol dare con Colour Your Life?
Come accennavo prima, la diagnosi del morbo di Parkinson non deve essere pensata come una fine, ma come un nuovo inizio, come un modo diverso di vivere la propria vita senza che la presenza della malattia rappresenti un ostacolo insormontabile. La sua comparsa è sicuramente importante e giustamente motivo di tante paure, però il messaggio che voglio trasmettere è che non bisogna arrendersi né nascondersi, ma continuare a lottare e a vivere la propria vita nonostante la presenza del Parkinson.

Spesso, nel trattare argomenti come le malattie, si casca in un facile pietismo. Nel suo caso non è stato così: che approccio ha scelto?
Quello che mi piace dire quando racconto come è nato Colour your life è che nessun elemento di questo cortometraggio è stato inventato: la sceneggiatura si ispira infatti alle diverse storie che ho avuto modo di ascoltare conoscendo gli ospiti dello European Parkinson Therapy Centre e allo spirito sempre positivo che il Centro cerca di trasmettere. L’approccio perciò è stato un voler raccontare quello che ho potuto vedere durante la mia esperienza al Centro Parkinson, e ciò che ho visto era assolutamente privo di pietismo: basti pensare che le parole ‘malato’ o ‘paziente’ non venivano mai utilizzate nei confronti delle persone che affrontavano la terapia.
Alex Reed, fondatore dell’European Parkinson Therapy Centre, ha partecipato come voce fuori campo: che tipo di rapporto ha sviluppato con lui?
Sicuramente un rapporto di reciproca stima e sostegno: Alexander Reed è stato il primo a cui ho parlato dell’idea del cortometraggio e i suoi consigli per la sceneggiatura sono stati preziosi. Quello che ho imparato lavorando con lui è il mostrarsi sempre sorridenti e positivi anche nelle situazioni più difficili; mi ha inoltre colpito molto l’empatia con la quale interagiva con gli ospiti del Centro, trovando sempre nuovi modi per coinvolgerli e stimolarli.

Il suo cortometraggio è candidato al Social Films Fest: che speranze ha?
Colour your life partecipa al Social Films Fest e anche ad altri concorsi (sia italiani che inglesi): nel mio piccolo, mi auguro di lanciare un messaggio di fiducia e speranza che sia da stimolo a chi sta affrontando il Parkinson. Spero anche di veder riconosciuti l’entusiasmo e la dedizione messi da ogni persona che ha partecipato alla realizzazione di questo film, ma soprattutto far crescere la consapevolezza e la voglia di approfondire un tema importante come quello del morbo di Parkinson.

Fonte: bergamonews.it